caschetto(nella foto il caschetto spaccato che ha salvato la vita a Fabrizio Forzan)
Vichy, 30 agosto – Sfortunata prova degli Ironman per eccellenza dell’Ironbiella nell’Ironman di Vichy; complice il gran caldo! Fabrizio Forzan dopo una caduta ai primi chilometri della frazione ciclistica, riesce a concludere con sofferenza la gara dimostrando la tenacia del triathleta Ironman. Alessandro Borgio, esperto veterano della competizione e triathleta infaticabile dotato di grande resistenza, questa volta non termina la maratona.
Pubblichiamo la lettere scritta da Fabrizio che racconta i difficili momenti vissuti nella competizione di Vichy.

Cari ragazzi,
purtroppo a Vichy, il mio terzo Ironman non è andata come speravo. Con l’infortunio al polpaccio sinistro avuto all’europeo di Ginevra, ho potuto allenarmi bene a nuoto ed in bici, mentre per la corsa sono rimasto fermo fino a 20 giorni prima dell’Ironman, ma tanto la corsa è una prova di sopravvivenza e non di resistenza.
Arrivati a Vichy, mi conforta l’idea di ritrovare Alessandro Borgio che anche lui è di casa avendola già fatta. Solo le previsioni del tempo mi inquietano, la bolla di caldo riprende, non c’è umidità, solo ventoso, ma siamo tutti i giorni sopra i 30 gradi. Nei primi due anni Vichy faceva parte del circuito Challenge e non Ironman quindi mi sento un profano alla prima volta che vuole concludere bene un Ironman. Vorrei addirittura battere il mio personale di 11 ore e 13 minuti , ma le previsioni mi fanno un po’ ricredere e spero almeno di poter viaggiare sugli stessi tempi dell’anno scorso.

La mattina della gara le sensazioni buone, nuoto abbastanza bene, 37’45” i primi 1900 metri e stando bene mi dico che posso farcela a stare sotto l’ora e 18 e rotti dell’anno scorso. Nuoto bene il secondo giro ma il tempo è di pochissimo migliore. Un’amica francese mi scrive su FB che al suo Garmin risultavano 4000 m.
Parto in bici, tutto bene fino al km 2,5 quando in leggera discesa in posizione crono prendo in pieno un tombino profondo e faccio un bel volo all’ indietro, picchiando testa e spalla. Tutto a posto, solo la spalla “brasata.”, il casco è distrutto ed un appendice del manubrio storta quindi faccio fatica ad mettere in parallelo le mani, devo tenerle asimmetriche, riparto, non mi accorgo neanche che raccolgo una borraccia non mia con un gusto di integratore orribile.
Ho paura di essere affiancato dai  giudici che potrebbero squalificarmi perché ormai il casco non è sicuramente più protettivo. Il mio morale cambia e non sono più combattivo come in partenza. Faccio i primi 90 km in 2 ore e 55 min, senza lode e senza infamia, ma quando inizio il secondo giro e mi ritrovo il vento contro penso che è meglio ritirarsi, tiro un po’ i remi in barca, qualche sosta per cercare acqua fresca visto che ormai ci davano solo quella calda ai ristori e concludo i 180 km in quasi 7 ore.
Non sono però stravolto e quindi comunico ai miei zii che mi hanno accompagnato che ci avrei provato a finirla. Dico loro “in fondo mi manca solo una maratona da fare” e mi viene da piangere.  Erano già le 15.30, la temperatura era salita fino a 34 gradi e mi veniva male all’ idea di fare una maratona.
Al primo ristoro mi faccio lavare con una doccetta tutta la spalla che era ancora piena di sassolini dell’asfalto. Temevo avrebbe iniziato a bruciare sotto il sole. Riesco a fare i primi 11 km di corsa senza fare soste, mi fermo solo per parlare un attimo con Antonella, la moglie di Borgio per sentire come sta. Il caldo ed il vento iniziano  a farsi sentire.
Non sudo nulla ma ho  sempre la bocca asciutta e soprattutto non riesco a mangiare i gel, ormai vengono i conati di vomito al solo pensiero. Passo all’ora ai pezzi di banana, ma non mi danno l’ energia rapida come le maltodestrine, 20 km durissimi, due volte mi siedo al limite del collasso ma non posso sdraiarmi se no arrivano i soccorsi e finisco in barella come per  molti altri visti lungo il percorso.
Mi sforzo di mandare giù l’ ultimo dei miei gel Enervit all’inizio dell’ultimo dei 4 giri ed in pochi minuti rinasco e, complice la forza di volontà di finirla, riprendo e corro tutto l’ ultimo giro senza fermarmi ed in spinta. Addirittura sotto i 4 min al km negli ultimi 2 km. Risultato: finisher e questo basta. 13 ore e 43 min, 917esimo su 1630 partenti e 450 ritirati.
Un odissea, un’ impresa, una pazzia? Semplicemente il mio Ironman. In infermeria conto almeno 25 atleti con la flebo attaccata. Io invece mi sono ripreso subito, riesco a vedere i fuochi artificiali alle 23.30, orario di chiusura, ringrazio il Signore ed il casco per avermi salvato, mi ritengo un miracolato infatti e finalmente vado a riposarmi verso mezzanotte. Da quel gel non ho più toccato cibo fino alla colazione della mattina dopo, sereno e comunque orgoglioso di aver portato a termine un’impresa.
Fabrizio