Stefano Massa racconta gli episodi della suo terzo Ironman di Kona.

 Ciao ragazzi dell’Ironbiella,

questa volta ci tengo a raccontare come è andata la gara, non tanto per il risultato tecnico ben lontano dalle aspettative, ma per cercare di trasmettere delle sensazioni uniche e irripetibili che mi hanno fatto rendere ancora più consapevole della fortuna di far parte di una così straordinaria “community“.

Quest’anno a differenza delle due passate edizioni non avevo guai ai tendini e quindi avevo maturato l’ambizione di fare una bella gara se solo non fossi incorso in guasti tecnici.

La giornata fin dall’alba si preannunciava tremendamente calda, ma anche da questo punto di vista avevo preparato attentamente il piano di fueling/idratazione, la frequenza con cui ricorrere al ghiaccio, la concentrazione giusta per riuscire a gestire bene i continui cambi di pendenza e le direzioni del vento.

Il nuoto é andato benissimo, così come il T1 e gran parte della bici. A 20 km dalla fine della seconda frazione mi sentivo davvero bene ed ero decisamente ottimista sulla maratona. Purtroppo è bastato un errore all’ultimo rifornimento, dove, complice il dover scartare una bottiglietta, ho perso l’ultima borraccia di acqua gelata della giornata.

Era il momento più caldo, dall’alto arrivavano 35° ma dal cemento almeno 70° e non avendo più acqua mi sono ritrovato presto disidratato.

In quel momento mi ha raggiunto il mio amico Jerome Le Jamtel, il quale, capendo la mia condizione, mi ha dato quasi tutta l’acqua che aveva ma che però non era sufficiente e in quegli ultimi 15 km ho preso un bruttissimo colpo di calore.

In T2 ho cercato di riprendermi e ho poi iniziato a camminare, ma dopo circa un km sono svenuto. Sempre Jerome a quel punto mi ha aiutato a riprendermi, a rialzarmi e mi ha accompagnato sorreggendomi per qualche minuto, fino a quando sono svenuto una seconda volta.

Jerome, vista la situazione a chiamato il medico, che mi ha visitato e riempito ovunque di ghiaccio. Siccome volevo provare a continuare mi ha consigliato di attendere ancora qualche minuto e di procedere lentamente imbottito di ghiaccio fino al tramonto e poi, solo a quel punto, a provare a camminare più velocemente.

Così ho fatto fino in cima al Palani, dove nuovamente ho avuto un cedimento, e dove ho trovato un altro amico, Toni Brutsche, che mi ha accompagnato per qualche km. e poi ho proseguito passo dopo passo fino alla finish line con una grande nausea.

All’arrivo Alberto, Troy e Frankie mi hanno accompagnato alla tenda medica (avevo perso ben 7 kg e avevo la pressione massima a 90), dove con un paio di flebo le cose dono decisamente migliorate. Nel frattempo Alberto si prodigava a cercare di tranquillizzare mia moglie, non avendo io le forze per parlarle.

Ho voluto raccontare questo accaduto semplicemente per mettere in evidenza la “grandezza” di Jerome e di Toni, due amici IM che vedo una volta ogni due-tre anni a qualche gara, ma che non hanno esitato nemmeno un minuto a perdere anche mezz’ora-un’ora della loro gara, o l’attenzione e dedizione di Alberto, Troy e Frankie nel prendersi cura di me a gara finita rinunciando alla prosecuzione della “festa IM”.

Queste sono cose che nell’Ironman capitano abitualmente. Ritengo che noi IM siamo dei privilegiati già solo per il fatto che siamo nella condizione di stare bene al punto di poterci permettere di affrontare questi eventi, ma lo siamo ancor di più proprio per la possibilità che questo straordinario sport ci dà di vivere momenti di altruismo e di aggregazione indimenticabili e che purtroppo sono sempre più rari nella vita di tutti i giorni.

Grazie ancora a Jerome, Toni, Alberto, Troy, Frankie e a tutti gli amici che mi hanno supportato da casa. A nessuno auguro di provare il malessere di cui sono stato vittima, ma a tutti la possibilità di vivere momenti così intensi.

Stefano Massa